“Un pulcino diventa adulto in poche settimane, un gatto in qualche mese, una persona in 13 anni.
Durante l’infanzia siamo in quello stato che gli orientali definiscono Zen: la conoscenza della realtà che ci circonda avviene istintivamente mediante quellì’attività che gli adulti chiamano gioco. Tutti i recettori sensoriali sono aperti per ricevere i dati: guardare, toccare, sentire i sapori, il caldo, il freddo, il peso e la leggerezza, il morbido ed il duro, il ruvido ed il liscio, i colori e le forme, le distanze, la luce ed il buio, il suono ed il silenzio… tutto è nuovo, tutto è da imparare e il gioco favorisce la memorizzazione.
Poi si diventa adulti, si entra nella “società”, uno alla volta di chiudono i recettori sensoriali, non impariamo quasi più niente, usiamo solo la ragione e la parola e ci domandiamo: quanto costa? a cosa serve? quanto mi rende”
Con queste parole Bruno Munari, artista e designer italiano, descrive la fine dell’infanzia.
Con queste parole si può descrivere quello che ho pensato dopo aver visitato la sua mostra Munari Politecnico al Museo del Novecento.
Ogni lavoro, opera, disegno, libro illeggibile, forchetta o occhiale di cartone che sia invita lo spettatore al gioco, non nel senso di scherno, ma come approccio alla vita . Il gioco come spensieratezza che dà la libertà di accogliere il mondo che ci circonda senza pregiudizi e limiti.
Munari ci invita alla nudità del cuore e del cervello, così da poterci vestire non di abiti altrui ma di quelli veramente sono perfetti per la nostra pelle.
Munari Politecnico
Museo del Novecento, dal 6 Aprile al 7 Settembre 2014